Iris
( * )=Iris), una figlia di Taumas (da cui è chiamata Taumantias, Verg. A. 9.5) e Electra, e sorella delle Arpie. (Es. Th. 266, 780; Apollod. 1.2.6; Plat. L’Aet. pag. 155. d; Plut. de Plac. Philo. 3.5.) Nei poemi omerici appare come il ministro degli dei dell’Olimpo, che porta messaggi da Ida all’Olimpo, dagli dei agli dei e dagli dei agli uomini. (Il. 15.144, 24.78, 95, 2.787, 18.168, Inno. ad Apoll. Del., 102, &c.)In conformità con queste funzioni di Iris, il suo nome è comunemente derivati da ἐρῶ εἴρω; in modo che Iris significherebbe “, l’altoparlante o il messaggero: “ma non è impossibile che possa essere collegata con εἴρω,” mi unisco,” da dove εἰρήνη ; in modo che l’Iride, la dea dell’arcobaleno, sarebbe il falegname o il conciliatore, o il messaggero del cielo, che ristabilisce la pace nella natura.Nei poemi Omerici, è vero, Iris non appare come la dea dell’arcobaleno, ma l’arcobaleno in sé è chiamato ἶρις (Il 11.27, 17.,547): e questo fenomeno brillante nei cieli, che svanisce rapidamente come appare, è stato considerato come il ministro rapido degli dei. Anche la sua genealogia sostiene l’opinione che Iris fosse originariamente la personificazione dell ‘ rainbow.In i poeti precedenti, e anche in Teocrito (17.134) e Virgilio (Aen. 5.610) Iris appare come una dea vergine, ma secondo gli scrittori successivi, era sposata con Zefiro, e divenne da lui la madre di Eros. (Eustat. ad Hom. pp. 391, 555; Plut. Amat. 20.,)Per quanto riguarda le sue funzioni, che abbiamo sopra brevemente descritto, possiamo ulteriormente osservare, che l’Odissea non menziona mai Iris, ma solo Hermes come il messaggero degli dei: nell’Iliade, d’altra parte, appare più frequentemente, e nelle più diverse occasioni.È principalmente impegnata nel servizio di Zeus, ma anche in quello di Era, e serve anche Achille nel chiamare i venti in suo aiuto. (Il. 23.199.) Svolge inoltre i suoi servizi non solo quando è comandata, ma a volte consiglia e assiste di sua spontanea volontà (3.122, 15.201. 18.197. 24.,74,&c.). Nei poeti successivi appare nel complesso nella stessa veste dell’Iliade, ma si presenta gradualmente sempre più esclusivamente al servizio di Hera, sia nei poeti greci che latini successivi. (Callim. Inno. in Del. 232; Verg. A. 5.606; Apollon. 2.288, 432; Ov. Soddisfare. 14.830,&c.) Alcuni poeti descrivono Iris in realtà come l’arcobaleno stesso, ma Servius (ad Aen 5.,610) afferma che l’arcobaleno è solo la strada su cui viaggia Iris, e che quindi appare ogni volta che la dea lo vuole, e svanisce quando non è più necessario: e sembrerebbe che quest’ultima nozione era quella più prevalente nell’antichità. Rispettando il culto di Iris pochissime tracce sono giunte fino a noi, e sappiamo solo che i Deliani le offrirono sull’isola di Ecate torte fatte di grano e miele e fichi secchi. (Athen. 14.645; comp. Müller, Aegin. pag. 170.,) Non sono state conservate statue di Iris , ma la troviamo spesso rappresentata su vasi e bassorilievi, o in piedi e vestita con una tunica lunga e larga, sopra la quale pende un leggero indumento superiore, con le ali attaccate alle spalle, e portando il bastone dell’araldo nella mano sinistra; o appare volare con le ali attaccate alle spalle e sandali, con il bastone e una brocca nelle sue mani. (Hirt, Mythol. Bilderbuch, i. p. 93. tab. 12, 2, 3; Böttiger, Vasenyemälde, ii. pp. 68, 86, &c.)